Provo a riflettere sulla chiusura delle attività didattica, sull'attivazione della stessa con strumenti tecnologici a distanza. Ma soprattutto provo a riflettere, senza troppi tecnicismi, sugli effetti dei tanti decreti che hanno fatto dell'Italia un'intera Zona Rossa.
La riapertura delle scuole, delle attività commerciali e professionali viene continuamente rinviata. Con il decreto "tutti a casa" si prova a ridurre il contagio per raggiungere il picco senza far crollare il sistema sanitario, senza rischiare di pagare in futuro prezzi che socialmente ed economicamente non ci farebbero rialzare. Toni da emergenza mondiale dopo che l'OMS ha dichiarato epidemia il coronavirus. I grafici sui contagiati e sui morti cominciano ad assomigliarsi, man mano che i vari paesi vengono contagiati , l'Unione Europea continua a manifestare le sue contraddizione tra i suoi tanti organi e le sue tante anime.
Una premessa che è già un facile anticipo della necessità di prepararsi ad un totale cambiamento non solo sociale ma anche individuale. No, io non credo che quando tutto ciò sarà finito tutto potrà tornare come prima.
Se sapremo ascoltare i nostri silenzi, se sapremo parlare alle nostre paure più profonde, se riusciremo ad immaginare che un nuovo mondo lo si potrà ancora ricostruire tutto potrà sembrarci ancora possibile.
Basterà cambiare i nostri atteggiamenti, modificare le reazioni, percepire le sensazioni, accettare e trasformare i nostri pensieri e tutto, persino il non giudicare, può diventare più facile, più accettabile e a nessuno sembrerà impossibile rispettare per essere rispettati, potrà esserci un comunicare nuovo dove finalmente ci si mette anche nei panni degli altri.
Si può stare bene senza vestirsi con i prodotti griffati degli outlet, si possono scoprire le nostre originalità senza seguire gli influencer, possiamo abituarci a fare gli aperitivi e mangiare a casa cucinando e preparando noi stessi le pietanze e le bevande che metteremo a tavola, si può non andare al cinema scaricando il film da vedere dai siti autorizzati, si può ascoltare musica e poi condividerne il piacere con gli amici in chat, si può aiutare i conoscenti e i vicini di casa con una chiamata e con un piccolo gesto virtuale, si può studiare anche seguendo le indicazioni della didattica a distanza.
Si possono fare tante altre cose che prima non facevamo come leggere un libro che avevano messo da parte da anni, scaricarne uno nuovo che prima non avremmo mai letto, imparare a ballare seguendo un video, fare ginnastica nel nostro soggiorno, imparare a lavorare all'uncinetto o a cucire e a ricamare, ma soprattutto possiamo abituarci a progettare e a vivere ora dopo ora, giorno dopo giorno provando a risolvere un problema alla volta, immaginare gli effetti sul presente e sul futuro senza lasciarsi andare al nostro abituale "si poteva, non è giusto, ma perché dovrei accettare, ma io non ci sto, non mi riesce, si poteva fare diversamente,ecc. ecc.".
Da economista mi chiedo se dopo la dichiarazione di solidarietà nazionale, se dopo tutti questi decreti che impongono provvedimenti e comportamenti a cui non avevamo mai pensato sarà veramente possibile recuperare quelle risorse nascoste che potrebbero aiutarci a reagire in maniera veramente innovativa, iniziando un nuovo percorso, per inventarci un nuovo modo di stare insieme.
Sapremo veramente liberarci di quel tornaconto individuale che la mano invisibile teorizzata da Adams Smith nel suo ormai centenario libro "La ricchezza delle nazioni" ci ha abituati a considerare come il cromosoma del mercato capitalistico e sapremo rinunciare a quel continuo e ormai monoto eco che ci sussurrava ‘il mercato si autoregola da solo’?
Nelle tante e vecchie pagine dei tanti volumi del “Capitale” Marx diceva che l'uomo è una specie animale evoluta e deve lottare per sopravvivere, in questa lotta per la sopravvivenza dovrà cercare di soddisfare i propri bisogni e quindi deve lavorare. Il modo con cui l'uomo cerca di soddisfare i bisogni lo condiziona per tutta la vita.
L'economia è quindi un condizionamento importante nella vita umana. Il termine economia già nell'antica Grecia significava infatti leggi della casa, era collegabile soprattutto all’economia domestica dove avveniva quasi tutta la produzione di beni e servizi di ogni genere.
Sappiamo che i bisogni di ogni persona sono differenti a seconda del contesto in cui vive. Marx insieme ad Engels chiamavano tutto ciò la struttura sociale ed economica dove religione, politica, filosofia, sport, moda, arte, tecnologia e tant'altro nei secoli ci siamo inventati rappresentano una sovrastruttura che condiziona la struttura stessa, cioè l’ intera società dove le sinergie sono diventate i fili invisibili di legami spesso subiti anche se negati .
So che ogni cambiamento, anche per esperienza personale, azzera i nostri vecchi comportamenti, bisogna trasformare le vecchie categorie, ci viene chiesta una diversa comprensione, esige nuovi strumenti e vanifica ciò che sino a ieri ci sembrava necessario, ciò che oggi ci serve ancora e che domani non ci servirà più. Come l'araba fenice risorge dalle sue stesse ceneri e metaforicamente torna a volare bisognerà cercare e trovare nuovi strumenti e nuove soluzioni in ogni settore e non sarà più l’economia che darà risposte alle nostre domande ma siamo noi che dovremo tornare ad interrogarci, che dovremo da soli e con gli altri cercare nuove domande e nuove risposte.
Ma sarà così anche stavolta? Come donna, che non ha mai avuto una totale fiducia nel mercato liberista e globale, mi chiedo: ma quale prezzo dovremo pagare perché tutto questo possa veramente accadere?
Gandolfa Gennaro, insegnante , 23 marzo 2020