Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Oh, per nulla car'anima riuscirai ad ingannar 'l mio intelletto

    Sinceramente non so come tu possa esser riuscito ad oltrepassare le mie mura alzate dopo il tuo attentato, quale dei peggiori Caronte sia riuscito a traghettar non sol la tua sporca anima ma anche il tuo corpo, travestito da qualche tuo pessimo abito.
    Una veste bianca, un cilicio attorno alla vita ti stringe più di quanto l'invidia t'abbia reso scarno, pensi d'ingannar non solo il mio cuore ma anche 'l mio intelletto, pensavi non t'avrei riconosciuto ma la mia memoria scorda raramente un volto, mai uno sguardo.
    Quegl'occhi, quei terribili occhi, anima d'uno sguardo minaccioso che in passato tradì le mie passioni, attorcigliandole e avvitandole su d'esso e, per quanto tu possa celarti e trasformarti, li riconoscerò sempre in mezzo a tutte l'anime viziate: fra mille volti romani confonderò la tua voce per una innocente, ma fra tutti i medicei riconoscerò il tuo sguardo che tanto innocente pare.
    Se solo Dante t'avesse degnato anche sol d'una terzina t'avrebbe pensato ai piedi di Lucifero, già una volta m'ingannasti e quanto vera poss'essere la fede mia, mai più solcherai questo suolo che bruciasti con la tua gola infernale, ora reso fertile nuovamente grazie alle forze divine e alla speranza.
    Questa volta ti sei intrufolato in un lato che non sono solito guardare, evidente che m'hai studiato attraverso quegl'oculi che ti sei scolpito colle tue sudice mani, non t'importa dei calcinacci e delle ferite che t'hanno provocato le mura quand'hai cercato di passarci attraverso, non t'importa dell'anime c'han visto 'l tuo volto sconosciuto e sfigurato, poiché il tuo desio talmente forte è riuscito a guidarti fin qui, di nuovo.
    Tu ch'hai osato sfidarmi nuovamente, cos'è che vuoi da me?
    Trovar altr'anima da possedere o un nuovo corpo da comandare, anche se sarai vincitore dei tuoi inganni, non riusciresti a controllare niente delle mie membra e nulla del mio animo, anche se non resto affatto un'utopia per te, le utopie prendon tal nome perché destinate a sopravvivere nell'immaginazione e non vale la pena lottar per loro essendo irrealizzabili, tu invece, di me hai fatto una vocazione ed io di te un vortice al quale star attenti a non scivolare.
    Sei riuscito a raggiunger di nuovo le mie membra, cambiate rispetto alla prima volta, ma il mio petto avvertì la tua presenza già prima che tu giungessi alle mura, anche se ho preferito vedere dove saresti arrivato, lasciando vagare la tua anima spingendosi sempre più in là, in modo che la pena da scontare sarebbe stata più forte.
    Ma d'altronde si sa, a' diavoli il dolor fatto n'è mai abbastanza perché non son in grado di sentirlo, se v'è un modo segreto per farli addormentare è raccontargli il loro passato e la storia, dettiagliata, di come diventaron tali. Il mio intelletto che conserva nella memoria il tuo passato, non scordò mai come riducesti questa terra e come mi chinavo per metterti da parte.. ora che di scordarti n'ho fatto un'arte.

    Tommaso Manetti, 4M