Il Coronavirus è arrivato anche in Italia. Le persone hanno iniziato a fare scorte, a coprirsi con guanti e mascherine ogni volta che devono uscire. Da quando Conte, il presidente del Consiglio, ha ordinato di stare chiusi in casa e di non uscire se non in casi di necessità, la vita delle persone è cambiata notevolmente. Nessuno può più uscire senza un’autocertificazione neanche per fare la spesa. Nessuno può vedere gli amici, i parenti o i fidanzati/e, e nessuno può più uscire con loro, nemmeno per una passeggiata in centro città. Tutti sono confinati in casa da almeno due settimane, e già pensano di non farcela più. Il senso di solitudine si fa sempre più forte e ci si affida ai social e alla tecnologia per sentirsi meno soli e per parlare con qualcuno.
Poi ci sono io.
Io sono un’introversa, un’ansiosa, colei che molte persone definirebbero “asociale”. Non ho mai avuto una grande vita sociale o tanti amici, anche se i pochi che ho un po’ mi mancano. Non uscivo spesso, perché anche il solo parlare con qualcuno mi mette ansia e mi sento più a mio agio da sola. Per me stare tanto tempo in casa non è una tragedia, perché dopotutto è quello che ho quasi sempre fatto. Se prima le persone mi guardavano come un alieno, ora hanno finalmente modo di sperimentare quello che ho sempre vissuto e, a causa di questa emergenza sanitaria, sono costretti a comportarsi come me. Chi non è abituato a questo modo di vivere non trova pace mentre è chiuso in questa “gabbia” e pensa di impazzire. Morale della storia: se prima del Coronavirus gli introversi erano considerati strani e scarti della società, adesso solo loro riusciranno a uscire dall’isolamento “sani di mente”.
Signori, benvenuti nel mio mondo.
Ilaria Pesciullesi, 3C, 21 marzo 2020