Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Ad un papà, ad averlo salvato

    Una madre chiama il figlio.
    Inizia tutto così, o meglio, così finì tutto.
    Perché questo è l'inizio di una storia ma la fine di una vita. E racconto questa storia per me stessa e per lasciare qualcosa su cui riflettere. Proiettiamoci lì.
    Quindi, è mattina. Una madre chiama il figlio. È tardi, stamattina.
    Si chiede perché non risponde. Chiama, chiama e lui non risponde. Non si alza. Resta attaccata al letto come se avesse della colla sulla schiena.
    Non pensa a quello che fa. Lei non ci pensa e chiama l'ambulanza.
    Era troppo tardi.
    Preparava il caffè per loro? Era sotto la doccia?
    Era troppo tardi. Troppo tardi.
    No, era sdraiato a letto.
    Ma parliamoci chiaro. Parliamo di morte.
    Viene naturale pensare che non le rispondesse perché faceva altro, non la sentiva.
    No.
    Era sdraiato a letto. Parliamo di morte.
    Parliamo di silenziose urla disperate e non sapremo mai cosa volevano annunciare.
    Parliamo di morte.
    Mica poco, parliamo di coraggio e codardaggine. È strano metterli insieme. È stato coraggioso, nei confronti della morte. È stato codardo, nei confronti della vita.
    Quante volte abbiamo pensato "non ce la faccio più", e ce l'abbiamo sempre fatta. Siamo obbligati a farcela. Dobbiamo farcela. Sempre. Per noi, per i nostri genitori, per i nostri figli.
    Qui noi ora parliamo di non avercela fatta. Di cosa succederebbe, se non ce la facessimo.
    Una mia professoressa mi scrive, "il mal di vivere ha motivazioni oscure che ci portiamo dentro da sempre, ci può corrodere la vita a poco a poco, specie se si è sensibili e disarmati.".
    Allora io mi sono seduta, ho preso un caffè e su questa frase mi ci sono fatta, come si dice, le "pippe mentali" per un intero pomeriggio.
    Era nel mezzo di una guerra e non aveva armi per difendersi. L'hanno attaccato davanti agli occhi e non ha potuto che difendersi con le unghie e i denti, contro un male armato fino al collo.
    Quello stesso male aveva il suo viso. Aveva perso elmo e armatura.
    Ora guardiamoci addosso, non l'abbiamo nemmeno noi. Ci disperiamo, piangiamo, ci facciamo del male.
    Ci siamo solo dimenticati di guardarci intorno. Poi ce la facciamo sempre. C'è la nostra mamma, il nostro papà, i nostri amici, i nostri fratelli e persone che amiamo.
    Lui, a quel punto, si era dimenticato di guardarsi intorno. Ed è stato colpito.
    Soldato a terra.

    (Bianca Cernuto, 5H)