Sara come stai?”, le chiedo. “Tutto bene”, continua, “sono solo caduta dalle scale”. Quante frasi del genere utilizzate come scusa, utilizzate come scudo per proteggersi da qualcosa che sembra troppo grande. Ma il male cagionato spezza questa fragile barriera lasciando una ferita aperta che va oltre al male fisico, una sofferenza interiore che rimane per sempre aperta. La violenza subita non è solo fisica, sappiamo che le parole sono spesso l'arma più letale: minacce, umiliazioni e ricatti. È una vergogna! È una vergogna un uomo che affonda il proprio pensiero in un’eredità così arcaica, ancora vincolato al concetto di femmina come oggetto di proprietà. Proprietà che investe il corpo, la vita e ogni tipo di libertà. Chi la pensa in questo modo è un uomo piccolo, codardo e vigliacco. Non trovo giustificazione nelle loro azioni, che spesso ricollegano a momenti di gelosia, raptus e “amore”. Ma questo non è amore. È solo una distorsione del suo significato. È in realtà qualcosa di mostruoso, che nasce da menti perverse e malate. Ogni donna dovrebbe essere come Adriana per il suo Rocky, come Giulietta per il suo Romeo, la cosa più bella e preziosa. Siamo nel 2020, la nostra si configura come una società avanzata e democratica che vive in un'epoca civilizzata, tuttavia questo fenomeno raggiunge ancora dimensioni titaniche. Ma cosa possiamo fare? C’è una cura per questa malattia? È fondamentale prevenire. Prevenire sensibilizzando ed educando le persone e soprattutto noi, della nuova generazione, al rispetto della donna. Avere coraggio. Coraggio di denunciare questi fatti se subiti o se testimoni. Solo in questo modo potremmo riuscire a guarire da questo cancro che ancora non accenna minimamente a sparire.
(Marcello Consigli, 5B)