Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Superare il limite

    Quando si parla di overdose si parla di qualcosa che va oltre le necessità, oltre le possibilità. Si parla di un argomento delicato sul quale non ci si può e non ci si deve soffermare solo superficialmente.

    Perché arrivare a un sovradosaggio? Perché oltrepassare il limite ed arrivare ad un eccesso che può risultare letale?

    Si parla forse della ricerca di una realtà alternativa, di un bisogno di scappare da ciò che ci fa stare male e trovare riparo in qualcosa di apparentemente migliore, in qualcosa che ci fa credere di stare meglio, in un’illusione che ci tiri fuori dalla brutalità della realtà di fronte alla quale non sappiamo reagire. 

    Una realtà dalla quale non si può che voler scappare, senza però trovare vie di fuga. 

    Arrivare a trovarsi di fronte all’idea di un’unica possibilità che forse può essere la più sbagliata, ma che ci sembra l’unica che siamo in grado di prendere in considerazione. Ci tuffiamo, però, in temi spinosi che possono graffiare la vita delle persone che hanno tutte un fattore di reazione diverso. E sotto questo punto di vista è affascinante quanto possa cambiare la reazione alle cose da individuo a individuo. Partiamo dal presupposto che tutto quello che accade alle persone, tantomeno le decisioni che si prendono in relazione a ciò, non è mai casuale. Può darsi che si arrivi a non esserne pienamente  coscienti,  ma credo che tutto sia dettato da una sorta di volontà personale e dalla reazione che si vuole avere. Spesso questa reazione può non essere controllata, ma viene comunque presa in considerazione dal nostro inconscio. Arrivare a superare il limite è quindi un modo per non farsi carico della realtà, del dolore, dell’insoddisfazione che in quel momento può essere la vita. E sentendo l’impossibilità di reagire in altro modo si ricerca un’anestesia perenne da queste sofferenze.

    Arrivando ad un punto estremo, però, cioè ad una totale anestetizzazione dalla vita, il corpo umano non è preparato e non può fare a meno che smettere di funzionare. Questo mi porta a pensare che l’essere umano sia stato creato per subire delle sofferenze e che debba imparare a conviverci senza poterle o doverle evitare. Il prolungato assopimento, quindi, non può che portare ad una cessazione di tutto ciò che apparentemente ci può far star male, diventando però così irreparabile.

    (Svetlana Innocenti, 4M)