Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Apologia del sentirsi vivi

    Camminavo, ieri sera, tra le vie della periferia di Firenze. Musica nelle orecchie e finalmente nessuna preoccupazione nella testa. Sotto la mascherina sorridevo, felicità pura, pensando a quanto è meravigliosamente assurdo come uscire fuori e passeggiare possa stravolgermi totalmente, come dopo pochi passi già riesca ad avvertire un cambiamento repentino del mio umore, di me stessa in generale. Dicono che camminare schiarisca le idee: è così. Per mia mamma lo è camminare nei boschi e non vedere altro che natura dappertutto, solo alberi, sassi e foglie, niente e nessun altro. Per me, invece, è passeggiare per la città, la mia Firenze; camminare e basta per le strade, vedendo le persone, le luci, i negozi, la vita. Perché è bello, la gente è tanto bella ed affascinante: siete affascinanti, le vostre vite lo sono, il fatto che siete qui insieme a me su questa terra e che siamo vivi, che siamo e basta. Noi ci siamo, wow! è sconvolgente, fenomenale, fermiamoci a pensarci un attimo; non lo facciamo tanto spesso. Ma quando ci ricapiterà di esserci ed essere vivi? Io voglio vivere tanto, tantissimo, voglio vivere ogni giorno della mia vita, ma non solo: voglio sentirmi viva. Vorrei poter star fuori per sempre, camminare per sempre; non sento neanche dolore ai piedi, non voglio neanche mangiare, bere, dormire, non lo sento il freddo e il vento di dicembre e le mani congelate, voglio solo non fermarmi mai, andando sempre avanti e mai indietro. A cosa mi serve un luogo a cui tornare quando adesso, in questo momento, percepisco così intensamente tutta questa vita, assorbo l'essenza vitale della gente, i loro sorrisi, le loro espressioni, le loro voci, i loro gesti diventano i miei, mentre ci fondiamo in un inimitabile agglomerato: l'umanità che popola il mondo. Forse è proprio questa la differenza fondamentale tra me e mia mamma; a me piace camminare per la città perché credo nelle persone e voglio vederle. Forse lei non le vuole vedere perché non ci crede più, ne ha viste tante. Io, però, sono giovane, io non ho visto niente, proprio niente, assolutamente niente. E vorrei poter avere tutto il tempo del mondo per viaggiare, vedere, amare, sentirmi giovane, sentirmi viva e vivere… vivere… vivere. Solo al pensiero scoppia tutto dentro di me: centomila fuochi d'artificio (alla voce “sentirsi vivo” nel mio vocabolario personale troverete proprio questa definizione!). Mi chiedo, quindi, come faccia la gente ad abituarsi, ad essere così intorpidita ed addormentata da non accorgersi che sentirsi vivo e vivere sono due cose ben distinte e che la prima non è un privilegio riservato solo ad una manciata di giorni dove sentirsi felici sembra essere una colpa, come può esserlo una sensazione così fluorescente, effervescente? Se accontentarsi è segno di umiltà allora mi dispiace ma voglio essere pretenziosa, sentirmi viva ed essere felice ogni singolo giorno della mia vita e sono arrivata alla conclusione che non è, non può e non dovrebbe essere, né un merito né una follia.

    (Gaia Pisanello, 3M)