Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Chiamatemi incoerente

    A. S. 2020/2021 e ovviamente ero emozionata, mi sembrava quasi di essere di nuovo una primina, eppure tutto il contrario: cominciavo la terza superiore. L'inizio del triennio, ecco cosa mi entusiasmava, le nuove materie, i nuovi professori, un programma che si prospettava interessantissimo; un’estate che tutti aspettiamo a gloria, cercando di pensare alla scuola il meno possibile, arrivando inevitabilmente a settembre con uno sbuffo e rotazione degli occhi annessa. Io, invece, ci arrivavo sorridente, piena di alte aspettative: chiamatemi secchiona. Comunque non vedevo l'ora, ecco, e ragazzi, potete ridere ma aspettavo a gloria anche di iniziare a fare alternanza scuola/lavoro, accumulare crediti, e prendermi tutte le responsabilità che comporta l’entrata nel triennio: chiamatemi folle. Ora siamo quasi alla fine del primo quadrimestre e posso affermare due cose con certezza: numero 1, odio la Dad e non mi dilungherò oltre. Numero 2, chiaramente le mie aspettative si sono realizzate completamente e ne abbiamo risentito tutti, tutta la mia enorme classe di 29 alunni: i compiti, le interrogazioni, le richieste da parte dei professori sono aumentate, triplicate, le materie simultaneamente sono diventate più difficili e in mezzo a questa appiccicosa melassa qualcuno è riuscito a districarsi eccezionalmente facendosi strada con apparente facilità. Altri si sono trascinati a fatica e con qualche ferita di percorso sono arrivati alla fine di dicembre, la restante parte è ancora all'inizio del labirinto senza mappa, bussola o senso dell'orientamento, sono lì e affondano sempre più velocemente nelle sabbie mobili, eppure hanno avuto non poche opportunità per uscirne: robusti rami ai quali aggrapparsi, tuttavia ora giacciono marci ai loro piedi, un cimitero di brutti voti. Sì, ma arriviamo al punto, cosa c'entro io con loro, giusto? Ma soprattutto qual è il problema? Ci sono sempre state classi più o meno buone, studenti migliori e peggiori, non è una novità. Alla fine, la scuola è anche un gioco di sopravvivenza, un po' come agli Hunger Games, vince chi ne esce indenne. Ecco, uno si fa anche gli affari suoi, come dire, pensa per sé stesso, perché va bene essere parte di una classe però ci tengo come singolo individuo a distinguermi, uscirne viva e indenne, possibilmente: chiamatemi egoista. Sto andando fuori strada, ritorniamo a quelle anime gementi di dolore, povere stelle, alle quali, mentre vengono risucchiate nell'oscuro abisso, è venuta una fantastica idea, ragazzi, spettacolare! “Perché io devo impegnarmi, farmi il culo come tutti gli altri? No, non è giusto: non è giusto perché io non ce la faccio a studiare tutta quella roba, ho altro da fare. Ma poi io non ci capisco niente di quella materia e... cosa? Forse se stessi attenta in classe capirei di più? Guarda che io sto sempre attenta eh! É la prof che spiega male, non è colpa mia!” Non è colpa mia, non è giusto, io non sono bravo come voi... e allora lamentiamoci, mandiamo mail su mail ai professori e non solo, aspetta non è finita, facciamolo a nome di tutta la classe! Perché siamo un gruppo, dobbiamo essere uniti, uno per tutti e tutti per uno, vero ragazzi? NO. Chiamatemi come volete, ci sto, chiamatemi noiosa, secchiona, cattiva, egoista, menefreghista, magari lo sono! Caspita, lo sarò sicuramente! Sono umana ed erro, ma se c'è una cosa che proprio non sopporto è il vittimismo, illegittimo tra l'altro, quello no. Quando si tratta di denunciare gli altri siamo sempre pronti a dire le cose peggiori, forse è ora di farsi un'autoanalisi, guardiamoci allo specchio, guardatevi e ditemi cosa vedete; la prossima volta ricordatevi di quella sporcizia, le macchie nere sullo specchio, prima di venire a dire male degli altri, prima di evidenziare i difetti degli altri e pensare di essere gli unici ad avere ragione. Conclusione, morale della favola? Tutto questo per lamentarmi a mia volta: chiamatemi incoerente.

    (Gaia Pisanello, 3M)