In seguito all’assalto a Capitoll Hill e dopo uno scambio di opinioni, ci siamo chieste: bisogna per forza arrivare alla violenza?
Le nostre considerazioni personali sono state sviluppate nei due testi seguenti. Speriamo vi piacciano. Buona lettura!
Bisogna per forza arrivare alla violenza?
Sapete tutti cos'è la violenza? Quelle azioni che le persone compiono con la forza, per imporsi o per danneggiare l'altro.
Quelle brutte azioni che chi le esercita considera giuste, crede di star facendo bene e di risolvere poi in questo modo i suoi problemi.
Ecco, io mi chiedo: ma cosa vi fa credere che la violenza sia la giusta soluzione?
Mi hanno sempre insegnato che farne uso ne procura solo altra. Non si risolve nulla se alzi le mani e picchi qualcuno.
Meglio parlarne, chiedere un incontro e confrontarsi faccia a faccia di ciò che ti turba e risolverlo pacificamente. Quindi perché, se ci sono migliaia di altri modi per evitarla, ne dovete fare ricorso?
Queste sono domande che mi frullano in testa da un po', ma che sono cresciute soprattutto in questi ultimi mesi, perché, a parere mio, la violenza è aumentata e di molto.
Ho sentito molte più notizie negative di persone che hanno preferito i fatti, le azioni, al dialogo...
Con fatti, però, io non intendo cose come scendere in piazza e scioperare per ottenere qualcosa, no no, mi riferisco a quelle “manifestazioni” (se così posso chiamarle) dove invece di ascoltare si urla e si fa ricorso alle armi.
Un esempio fresco è l'attacco al Campidoglio.
Perché avete dovuto attaccare così, dal nulla? Quali risultati avete ottenuto in questo modo?
A mio parere, vi siete solo ricoperti di ridicolo, non avete usato il cervello e vi siete buttati a capofitto nella confusione.
Da quella notizia, ho avuto paura per molti giorni, ho pensato al peggio, ad ogni possibile scenario che potesse venirmi in mente. Ho provato solo paura.
Ecco quali sono i risultati che hanno ottenuto quei ribelli.
Ecco a cosa ti porta la violenza. A vivere nell'ansia e nella paura
E io questo lo vorrei evitare...
Alice Maestrini, 3H
Dobbiamo ricordarci, tuttavia, che le medaglie hanno sempre due facciate, così come la luna ha una parte oscura che non abbiamo mai visto, che ci siamo sempre limitati ad ignorare. Proprio da quella parte oscura, della luna e della storia, da quell'abisso di dolore, alla fine è insorta una voce, un urlo soffocato che chiedeva null'altro che aiuto e solidarietà. É stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: quella goccia si chiamava George Floyd, l'ennesima vita nera oppressa esattamente da quegli enti nati per proteggere. Proteggerci tutti equamente: questo dovrebbe essere lo scopo principale della polizia. “Il gioco è bello quando dura poco”, però il gioco non è mai stato bello ed è durato tanto, troppo: ad un certo punto si raggiunge il limite. E cosa succede quando la gente si arrabbia? Comincia a lamentarsi, a protestare e a chiedere giustizia per i propri fratelli e sorelle, giustizia per i propri figli e validità, valore, importanza: “le vite nere sono importanti”, non uno slogan volto alla supremazia di quest'ultime sopra le vite bianche, ma un ordine, un obbligo a ricordare ai più privilegiati che in questo mondo siamo tanti, variopinti e diversi; ed è questa diversità che dovremmo celebrare e rispettare invece di sopprimere. La rabbia, come dicevo, può essere espressa in modi diversi: con la violenza, con gli attacchi e gli assalti; può stravolgere l'uomo così tanto da farlo diventare una bestia fuori controllo; l'ira, se fomentata giornalmente, è come un uragano che trascina tutti con sé, volenti o nolenti. Questo è ciò che è successo a Capitol Hill, la rabbia pura, la malattia canina che si caratterizza per il bisogno di mordere ha colpito questi uomini, veri e propri terroristi i quali hanno consapevolmente deciso di declinare la propria collera in violenza. Perché non è successo durante le proteste blm? Due motivi: numero uno, in questo caso dietro la rabbia c'era un altro fattore fondamentale, la paura legata ad uno sfondo di terrore considerevole. Numero due: semplicemente perché la saggezza e la sapienza di una bellissima minoranza ha prevalso ed è sfociata nell'atto opposto, rispondere alla violenza con la pace. Si è creato un parallelismo nella storia, una collisione sugli stessi termini: la celeberrima foto della ragazza che durante la guerra del Vietnam negli anni '60, infilava un fiore nella canna del fucile e le migliaia di persone distese per terra a riprodurre l'orribile maniera in cui si è svolto l'assassinio di George Floyd, dinanzi ad una schiera di poliziotti armati fino ai denti. Questa è la più grande differenza nei due tipi di rabbia: protestare pacificamente, disarmati, reagire alla violenza con un messaggio d'amore, di solidarietà e d'uguaglianza ed, invece, reagire alla rabbia con la violenza, l'istinto più primitivo dell'uomo. Ma davvero è inevitabile arrivarci?
Gaia Pisanello, 3M