Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    E basta

    “E basta” sono due parole, tre sillabe, sei lettere. Un binomio esistenziale: a volte conclusione definitiva di una vuota istantanea sorpresa, vagamente soppressa. Definitiva anche l’arrendevolezza, analoga alla convinta affermazione. Grammaticalmente intercambiabile, ferma punteggiatura e armoniche sfumature vocali. “…e basta” “e basta!” “e basta?” “e…basta.”
    Io sono un’analitica, psicologicamente diplomatica per natura, osservatrice più che protagonista, fondamentalmente fondata sulla mente, poco sul resto. Ho sempre percepito la realtà più che sentirla (bugia impossibile). Trattandosi di me, almeno, c’era una certa propensione a dover trovare un buon motivo per tutto. Magari neanche così buono, mediocre diciamo. Ma le domande erano sicuramente una certezza onnipresente. I punti fermi conclusivi mi piacevano poco, “punto e basta” non poteva funzionare, gli facevo le linguacce irrisorie, li prendevo in giro per la loro vanitosa convinzione di poter porre una fine, assurdi nella loro superiorità. A farmi cambiare idea forse è stato il martellante mal di testa, che per quanto affascinante diventava insopportabilmente pesante, o forse l’assoluta inspiegabilità di ciò che mi ha costretto a far uso dei tanto disprezzati “e basta”. Uso il plurale di proposito e ci tengo che si noti. Allora soprattutto è stato un processo capovolto, cioè che ci sono arrivata dopo a definire il prima, anche se il prima era naturalmente banale. In natura funziona che prima arrivano le sensazioni e poi le percezioni. In natura c’è una differenza temporale tra luce e suono, lampo e tuono, un attimo infinito in cui i sensi ci tradiscono, ci ingannano, si prendono gioco di noi riportandoci all’origine dell’imperfezione sensibile di fronte alla fenomenicità degli eventi. Sensibilità e percezione sono perfettamente differenti, abitanti di mondi opposti, fisico e psichico, però mandatori coinquilini. Indissolubilmente legate. Tuttavia, ritorna anche qui la distinzione che li distanzia: l’attimo che ci permette di separarle. È semplice, in realtà, spegni il cervello e basta. Lasciandoti, arrendendoti e facendoti sopraffare dal sensazionale stimolo. Inspiegabile, sì, finalmente posso ammetterlo: così e basta. Ho imparato a vivere in una costante fame di quei risplendenti attimi di purezza indecifrabili, elettrici sintomi immotivati che mi hanno insegnato che non a tutto deve necessariamente esistere una spiegazione logico-cognitiva, intellettualmente percettiva di qualche tipo. Questa è la differenza, ciò che mi connette alle radici primordiali della terra, anche solo per un momento. Sentire e lasciarsi guidare dalle sensazioni, si può sbagliare, certo, ma almeno non ho mal di testa.
    “…e basta?” “e basta.”

    (Gaia Pisanello, 3M)