Lui era diverso. Sapevo fosse speciale, ma non così tanto…
L’ho incontrato a novembre, vicino al laghetto ghiacciato della mia città. Mi ha rovesciato il caffè sulla giacca e per ripagare si è offerto di aiutarmi a pulirla, per quanto possibile. Ci siamo presentati, anche se non sarebbe stato necessario: già ci conoscevamo, sembrava ci conoscessimo da una vita. Mi chiese se volessi unirmi a lui, aveva tanto da raccontarmi. Aveva così tanto da raccontarmi che parlammo fino a tarda ora, nonostante sembrasse ci fossimo incontrati solo poche decine di minuti prima. È così che lo incontrai, tra un caffè ed una chiacchierata, come vecchi amici che si rincontrano dopo anni. Abbiamo condiviso qualcosa di straordinario, che capita una sola volta nella vita: ciò che ci tradì fu il tempo.
Sembrava tutto perfetto, era tutto perfetto. Trascorremmo molto tempo insieme, il che mi confermò il nostro legame. Noi andavamo al di là dell’amore: eravamo la stessa persona, io ero lui e lui era me, dovevamo soltanto incontrarci per averne la conferma. Mi ha resa felice, completa, spensierata e consapevole. Sapevo che non sarebbe stato per sempre, me lo sentivo, ma non mi importava. In lui io avevo trovato me stessa, era fatto d’amore. Un amore diverso dall’ordinario, di quella forma che ti scorre nelle vene e nell’anima e che ha un unico modo per sbloccarsi. Decisi di iniziare a registrare ogni momento perché tutto questo andava conservato, volevo ricordarlo per sempre. La mia telecamera era la nostra migliore amica, avrebbe reso eterni momenti passeggeri e dai quali poi, anche se distanti, nessuno dei due si sarebbe mai separato. Era una spettatrice esterna, eterna, che guardava tutto con gli occhi di una 35mm e che ci permetteva di affrontare un nemico più grande. Ci sarebbe rimasto qualcosa di noi anche dopo averlo perso materialmente, perché il ricordo non se ne sarebbe mai andato e perché il rimpianto ci avrebbe feriti più del dolore stesso.
Prima che se ne andasse, lo abbracciai, forte, in modo che si ricordasse di me, così come io mi sarei ricordata di lui: quella fu l’ultima volta che lo vidi. L’ho abbracciato per l’ultima volta ma in quel momento non stavo registrando, volevo godermelo e ricordarmelo in modo diverso. Rivedere quel filmato avrebbe soltanto riaperto una ferita ancora oggi non del tutto guarita, mi avrebbe fatto provare qualcosa di troppo diverso rispetto al momento reale e non volevo pentirmi di niente, a me sta bene così. Lui mi ha dato tanto, troppo, più di quanto avrei mai potuto avere bisogno, ed io conserverò tutto.
(Giada Amoruso, 3D)