Muovo la mano lentamente, senza pensare a nulla.
Lei si muove da sola. Potrei chiudere gli occhi, continuerebbe a fare il suo lavoro senza problemi.
L'immagine che devo rappresentare è precisa in testa, l'ho memorizzata ed è ferma lì. Non si muove.
Il colore sulla punta del pennello incontra il vetro.
È la prima volta che provo a colorare su un materiale diverso dalla carta, e l'ansia di sbagliare e non riuscirci è tanta.
Ma nulla mi può fermare.
Appoggio la punta.
Si inizia.
Il colore rimane fermo ed io decido di aiutarlo a muoversi, lo espando più che posso, finché non mi tocca intingere di nuovo il pennello col colore.
Faccio partire un po' di musica e istintivamente il mio corpo si muove con lei: il pennello inizia a seguire il ritmo della canzone.
Prima lento, poi più veloce.
Si ferma la musica, mi fermo io.
È rilassante… Mi aiuta a svuotare la mente e mi permette di divertirmi.
Non disegno perché voglio disegnare, lo faccio perché devo. È un po' come respirare, se smetto, non vivo. È una droga e non riesco a farne a meno.
E non mi interessa far vedere i miei lavori, non mi importa il vostro giudizio, che sia una critica o un commento piacevole.
Ho bisogno di queste poche ore in cui divento un tutt'uno con il lapis, col foglio.
Quelle ore perse a scegliere il soggetto del disegno, quelle ore dove mi arrabbio perché ho sbagliato una riga e devo ricominciare da capo, le volte in cui impazzisco perché non trovo la tonalità di colore giusta.
Ma allo stesso tempo vivo un sogno, rido e canto, mi rilasso, ignorando lo studio, i compiti.
Io ho bisogno di questi momenti.
Almeno una volta al giorno, devo dare vita ad un nuovo disegno.
(Alice Maestrini, 3H)