Oggi giornata stancante, colazione veloce e poi parte la giornata. Casino in autostrada e la polvere del cielo che copre il tettuccio. Aria di primavera non ce ne è stata e oramai il mondo si appresta ad accogliere tanto più un sole d’estate rispetto ad un vento marzolino. La nebbia, beh, quella non manca mai a nascondere i passi sbagliati della giornata: si palesa come a voler prospettare una giornata meravigliosa, oscurando in realtà la fonte di un sorriso. Uscendo fuori dall’auto la maglia rimane impigliata allo sportello e la chiusura automatica mi impedisce di liberarmi dalla stretta. Una folata di vento passeggia per l’intera giornata in cui ad alternarsi sono urla indirizzate ad insabbiarsi e momenti di silenzio volti a riempirsi col rumore delle onde. La stanza perde di familiarità ed il buio scatena la luce dentro all’ufficio che incendia con un bianco led la parete bianca a ridosso dell’entrata. Le scartoffie sulla scrivania prendono vita e si riposizionano con delicatezza all’interno del terzo cassetto, nella loro isola solitaria, andando a riposare in previsione di un’altra giornata di sole. Il marciapiede di Via San Leonardo la notte appare più bello, come se ad animarlo fossero le stelle col loro cielo d’intorno ed i passi si trascinano da soli, in cerca di una meta che troppo spesso è sempre la stessa. Abbasso il finestrino posteriore destro e la musica si diffonde dal cruscotto al bagagliaio per poi essere acciuffata dai residenti di un vicolo stretto, intenti a scambiarsi una pinella per chiudere il burraco. Posizionata con le quattro frecce gialle a fianco di una grande quercia, la Punto rossa si addormenta col bubolo dei gufi reali e la luna la carezza dolcemente. Gli scalini sono impervi scogli irregolari che pungono i piedi tanto da desiderare di togliersi le scarpe appena imboccato il corridoio di casa, che all’entrata offre già l’opportunità di scaricare l’aggravio di energia, positiva o negativa che sia, acquistata nella giornata. Il ticchettare dell’orologio segna i minuti trascorsi ad osservare un megaschermo che, attraverso il linguaggio dell’immagine, si anima al buio raccontando un miliardo di storie diverse, tutte che si intrecciano al mio orecchio, imprimendosi nella memoria. Casa profuma di cocco e l’aria che vi circola ne diffonde l’odore in ogni stanza: probabilmente la finestra di cucina è spalancata sul mondo. Tre di notte, una musica distoglie i miei occhi dal guardare, iniziando in questo modo ad ascoltare. Il senso uditivo si appresta a riconoscere frettolosamente il suono: è la hit estiva del ’99, Livin’ la vida loca, che viene cantata a squarcia gola da un gruppo di persone ai margini della strada adiacente la spiaggia, colorata e viva, resa tale proprio dal riempimento del suo spazio. Con un pennarello così, inizia a colorarsi il contorno di quella giornata comune: la sabbia, il vento, le stelle che illuminano il cielo e la notte, che da silenziosa e pacifica, si trasforma in un oceano Atlantico. Le risate all’interno dei bar, le bevute in riva al mare, la chitarra che suona leggera ed il fuoco che scalda la sera; le fragole all’ombra dell’ombrellone, le conchiglie nello zaino, la colazione dopo mezzogiorno ed i costumi ad asciugare al sole. Tutto è percepibile, sfiorabile, intraprendibile e sembra reale a tal punto da rendermi il sonno ipnotico.
Alle sette suona la sveglia, la suoneria Iphone disturba la calma che contraddistingue anche questa mattina. Accendo il fornello e metto su il caffè. Televisore acceso, letto intoccato. Al meteo parlano di venerdì 20 maggio: sole in giornata, nebbia perenne.
Dov’è Livin’ la vida loca e dov’è quel sapore di mare?
Dove sono il coro di voci allietate dal suono della chitarra e la sabbia interpolata da conchiglie?
Dov’è quel sogno, mi chiedo allora, di spensieratezza d’estate?
Giada Coveri, 3D