Non ho pianto quando è arrivata quella notizia. Un colpo d’acqua fredda, gelida. Mi ha bloccata sul posto, trattenuta al banco.
Sembrava che i sorrisi sui volti, le risate, tutto fosse stato schiacciato, calpestato, tutto è sparito.
Volato via nel vento. Ciò che era rimasto, dietro la scia del professore, era solo un freddo da farti congelare.
Come quando un Dissennatore ti risucchia la felicità.
Non ho pianto quando la professoressa ha iniziato a parlare.
Lo shock non mi faceva alzare gli occhi, li tenevo ancorati sul libro aperto.
Era inutile tenerlo lì, tanto non saremmo riusciti più a fare lezione, ma anche se mi volevo muovere, non ci riuscivo.
Ascoltavo la voce della prof, entrava da un orecchio e, vorrei tanto dire “usciva dall’altro”...
Le parole si sono messe a girare intorno nella mia testa e continuavano a fare rumore.
Non ho pianto quando è scattata l’ora x.
12:30, in piedi. Minuto di silenzio.
Silenzio infinito, troppo lungo. Opprimente.
Con le mani nelle tasche, tenevo ancora una volta gli occhi sul libro: quasi speravo che le lettere si alzassero e iniziassero a urlare.
Tutta la scuola stava zitta, non si sentivano neanche i respiri.
Poi l’applauso, partito da un angolo della scuola, ha riempito tutto l’istituto.
Non ho pianto, ma avrei voluto.
Guardavo il palloncino che volava in aria. Il nostro era azzurro, proprio come il cielo.
Speravo non si perdesse nel suo lungo viaggio, doveva per forza arrivare a destinazione, non solo il nostro: tutti.
Chiunque in quel momento stesse lasciando il filo, sperò che arrivasse a destinazione.
E poi ho pianto. Dentro di me, forte. Ho sentito un urlo nella mia testa da farmi male.
Un urlo orribile che gridava:
“Come può una luce così giovane spegnersi così presto?”
Ti prego di prendere i nostri palloncini, di tenerli stretti a te così da farti ricordare di noi.
E, ogni volta che vedremo un palloncino, noi penseremo a te.
Alice Maestrini, 4H