Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Nel buio, mi hai stretto la mano.

    Da sola, volavo in aria.
    Il mio corpo era sospeso nel vuoto, immobile.
    Le braccia penzolavano verso il basso. Le gambe quasi non le sentivo, tanto erano leggere.
    Tutto il mio corpo era leggero.
    Ricordo che dentro la mia testa, ogni preoccupazione, ogni idea, tutto era sparito. Niente era rimasto, nemmeno dei ricordi.
    Ero vuota, tanto vuota da riuscire a volare.
    Il buio era intorno a me e mi circondava con le sue braccia.
    Mi tratteneva con sé. Ma in maniera dolce.
    Non mi costringeva a restare: con calma e pazienza, aspettava che mi concedessi a lui di mia volontà.
    Ogni secondo che passava, mi lasciavo sempre più conquistare.
    Le sue mani si facevano sempre più strette sul mio corpo.
    Il silenzio che c'era era quasi assordante.
    Non c'era il respiro del vento, il suono della vita…. Alle mie orecchie, nessun rumore arrivava.
    Non avevo cuffie, nulla che potesse coprire tutto, eppure silenzio.
    Come se il buio fosse una cupola che teneva tutta la confusione fuori.

    Avevo perso la strada e scendevo sempre più verso l'oscurità.
    Poi mi hai preso la mano.
    La tua mano, piccola, leggera, bianca come il latte, ha perforato quel posto e mi ha stretto il polso.
    Mi ha tirato su, portato fuori.
    Volevo piangere e ridere al tempo stesso.
    Grazie a te, che nel buio, mi hai stretto la mano.

    Alice Maestrini, 4H