Non lo so come funziona, non conosco bene le parole. Non conosco quelle giuste, che siano in grado di raccontare questa emozione. Credo si chiami amore e un po’ anche coraggio, coraggio e sicurezze per affrontare insieme una vita. Si esprime in quei momenti in cui accanto a me non sento il vuoto, ma sento presenza e quello spazio è riempito a tal punto da diffondere calore. Non me lo sarei mai immaginata così il primo abbraccio, forse ingenuamente pensato illusorio. Il tuo, è stata un’esperienza di vita. Ci ho letto una storia che aveva il tuo profumo e che ancora oggi attraversa l’aria con la leggerezza di una piuma. Ci hai messo il cuore dentro e l’hai prestato un po’ anche a me, per riuscire a respirare anche quando non vivevo neanche più. Ed il tuo cuore ha iniziato a battere forte e forte ha preso vita, perché la tua tempesta si univa un po’ alla mia e solo insieme sapevamo diventare tormenta. È questo quello che mi hai insegnato tu: esprimersi per l’incasinato via vai di sentimenti che si ha dentro, sotto la pelle, senza la paura di mostrarsi diversamente fragili, perché al mondo la fragilità è solo un dono che permette di penetrare un po’ più a fondo nelle cose.
Quando guardi il sole appena sveglio e accarezzi l’aria del mattino, cosa vedi in quelle nuvole? Le stesse che contempli attraverso i vetri di quella piccola casa di libri che oramai sei abituata ad abitare. Non sono solo passeggere e dietro di loro lasciano qualcosa e tante cose tu dietro ad esse insegui che la vita un po’ ti ha tolto. Le ritrovi tutte lì, fra le forme di quel vapore che a passo lento, quasi immobile, si fa il giro dell’intero mondo e raccoglie per te ed insieme a te grandi promesse, grandi insegnamenti. In questo modo accogli dentro te un po’ di vita che costantemente presti anche a me, ogni giorno, per vivere senza dover sopravvivere. E non lo so spiegare, non credo abbia un nome. Questo è amore e lo sappiamo bene io e te.
Giada Coveri, 4D