Molte volte mi capita di guardare il cielo e perdermi nel suo immenso. Sono consapevole che nello stesso momento in cui mi soffermo a fissare il tramonto, la luna, le stelle o la pioggia, altri milioni di persone stanno compiendo la stessa azione. Eppure, lui, il cielo, se ne sta lì… nella sua imperturbabile tranquillità… a essere ammirato.
Non sempre, però, riesce a sorridere e quindi mi capita di credere che lui, a volte, sia proprio come me: si perde nei suoi pensieri, specialmente quelli più oscuri e dolorosi, che lo tormentano costantemente, ma rimane in silenzio. Quando, però, diventano troppi e non riesce più a starsene zitto, il dolore, accumulato durante il tempo, ha il sopravvento su tutto e diventa pioggia. A volte piange solo per qualche minuto, a volte per giorni o per settimane, ma quando finisce tutte le lacrime, torna sereno come se nulla fosse successo.
A differenza di me, però, quando lui riceve delle critiche, non ha bisogno di apparire migliore, perché non fa caso agli sguardi altrui. Io lo ammiro, perché non gli interessa cosa dicono gli altri di lui, non gli interessa il loro giudizio e questo mi fa ricordare che non tutte le persone che ci circondano riescono a vedere il nostro arcobaleno, ma questo non significa che non ce lo abbiamo.
Giulia Materi, 3N