È giugno e l’atmosfera si allenta già un po’.
Dalle finestre di quella classe all’angolo della strada scorgiamo entusiasti puntini colorati che fanno festa. Non sono gli stessi puntini riempiti di lettere che popolano le diverse stanze “meet” la mattina in cui “siamo in DAD” e non andiamo a scuola in presenza. No, quei puntini sono diversi. Loro sono animati da qualcosa che non è possibile spiegare a parole: non penso sia il 氣 (qi) cinese né tantomeno l’arrivo dell’estate. Si vede però che si tratta di qualcosa che riesce a renderli felici. Che poi ognuno potrebbe domandarsi “ma felici per che cosa?” e articolare le più assurde considerazioni, quando in realtà questa si appresta a concretizzarsi come una domanda alla quale nessuno forse è in grado di rispondere con chiarezza. Ogni maturando o studente che sia vive un qualcosa di straordinario in queste ultime settimane, qualcosa che con la consapevolezza che verrà, si accorgerà di quanto sia stato raro. Si percepisce che l’aria si è alleggerita e l’odore dei fiori intriso a quello di sudore lo dimostra, così come fanno i libri, ormai da un pezzo accalcati e scomodi in quel metro cubo di spazio che si lascia vivere alla cultura scolastica almeno per quei tre mesi di vacanza. Vacanze, quali vacanze per chi come l’autrice di questo pensiero sgangherato naviga già in un fiume di malinconia? Sarà che la scuola a me è quasi sempre piaciuta, o meglio, è l’ambiente scolastico ad essermi sempre piaciuto. Quest’anno però in particolare ho sentito quei colori sfusi e densi danzanti in facciata avvolgermi anziché costringermi e per questo abitarlo almeno due volte a settimana non ha fatto altro che contribuire al mio benessere come a quello degli altri e lo dimostra la volontà per chi mi sta intorno di cercare sempre un nuovo motivo per ritrovarsi immersi in quel gran casino che a poco a poco è diventato casa nostra. Sono gli ultimi momenti, poi si cresce e si diventa grandi. C’è chi ha solo bisogno di bagnarsi di raggi di sole e lasciarsi cullare dal rumore delle onde e chi invece si appresta ad intraprendere un gigantesco passo verso quel minuscolo infinito che i professori ed i genitori chiamano futuro, ma che nessuno in realtà sa cosa sia. L’ignoto fa paura, ma nessuno più di noi, voi studenti si appresta a tuffarcisi. Rimane la luce, anche quando a stendersi sui prati dell’ITT Marco Polo è il buio pesto della notte e questo viene reso possibile grazie a quel qualcosa che in realtà non ha niente a che fare col concreto, quel qualcosa che sa di vita e che dentro la scuola rimarrà per sempre.
Chiudo il cerchio di un altro piccolo percorso concluso e saluto così i miei compagni, i miei professori, la mia piccola redazione e tutti gli studenti che hanno avuto a che fare con i miei sogni in questo lungo quanto breve anno. Saluto la mia 3°D che ho nel cuore e la Sofi che tra qualche mese intraprenderà un viaggio più grande di lei ed infine sfioro con le dita i miei più grandi sorrisi e le mie paure sconfitte che in fin dei conti abiteranno per sempre questo luogo. Pronuncio un grande arrivederci perché a settembre sarò di nuovo qui, ma ringrazio per quello che è stato e perché lo custodirò in eterno.
(Giada Coveri, 3D)