OGGI, in televisione viene trattato un solo argomento: quello del famoso “Coronavirus” o “Covid-19”. Come se oggi al mondo ci fosse solo questo di problema. Il Covid-19 ha sconvolto tutti, facendoci dimenticare di tutti gli altri problemi, come se fosse un’apocalisse che porterà alla distruzione di tutto e tutti. Io penso che l’Italia, essendo un Paese coeso e unito, rispettando le normative emanate dal governo, possa combattere questo maledetto virus che ci costringe a restare in casa, invece di stare con queste belle giornate fuori all’aperto. Oggi, scriviamo nei cartelloni “Andrà tutto bene” o “Finirà presto” non pensando però a tutte le vite perdute in questi giorni. So che può sembrar strano ma questo virus creerà un enorme scatafascio della società. Sì ok, torneremo alla vita di prima ma con quel pizzico di sconforto, angoscia, paura che possa tornare. C’è chi ci ha aiutato, persino “i colpevoli del tutto”, e chi ci ha voltato le spalle. Io in questo periodo sono molto affaticato anche dalla noia perché sono costretto a rimanere in un luogo chiuso dove non riesco a rivelare la mia personalità, ma per il bene dell’Italia sono motivato a farlo. “Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci domani. Fermiamoci oggi per correre più veloci domani.” (Giuseppe Conte); “Il virus ci ha insegnato una cosa: in un mondo che vuole innalzare muri, la natura ci ha dimostrato che i confini non esistono.” Detto questo #IORESTOACASA
Ebbene si, io ero una di quelle persone che inizialmente aveva preso la situazione sotto gamba, insinuando che si trattasse solamente di un'influenza passeggera, ingigantita per creare "scandalo"… in questo 2020 non iniziato nel migliore dei modi. Ero una di quelle persone, fin quando non mi sono vista chiudere in casa definitivamente, senza via di scampo. Ero una di quelle persone, fin quando quello che per me era abituale e scontato non è diventato un ricordo lontano e un sogno tanto atteso. Quante volte mi sono detta: "Quanto mi piacerebbe poter stare a casa e dedicarmi qualche giornata di relax, facendo le cose che più mi piacciono!", ed ora che ne ho la possibilità, il mio unico pensiero è quello di fuggire da questa casa che mi sembra una gabbia, e che mi fa mancare il respiro. Se prima ogni scusa era buona per rimanere a casa, ora al contrario ogni scusa è buona per "prendere un po' d'aria". Per esempio, penso di dover delle sincere scuse al mio cane, che viete costretto ad uscire una decina di volte al giorno (esclusivamente sotto casa, ovvio): “Scusami Jo, ma è per una buona causa”. Tuttavia, per quanto restrittiva ed esasperante sia questa situazione, non ne usciremo mai se ognuno di noi fa finta di nulla. Uscire come se niente fosse può sembrare una cosa da ribelli, da fighi, forse(?), ma sarà la causa che porterà questa quarantena a non finire. Non fatelo solo per voi stessi, ma per tutti noi, sperando che tutto ciò finisca presto. Detto ciò, IO RESTO A CASA, e voi?
Il Coronavirus è arrivato anche in Italia. Le persone hanno iniziato a fare scorte, a coprirsi con guanti e mascherine ogni volta che devono uscire. Da quando Conte, il presidente del Consiglio, ha ordinato di stare chiusi in casa e di non uscire se non in casi di necessità, la vita delle persone è cambiata notevolmente. Nessuno può più uscire senza un’autocertificazione neanche per fare la spesa. Nessuno può vedere gli amici, i parenti o i fidanzati/e, e nessuno può più uscire con loro, nemmeno per una passeggiata in centro città. Tutti sono confinati in casa da almeno due settimane, e già pensano di non farcela più. Il senso di solitudine si fa sempre più forte e ci si affida ai social e alla tecnologia per sentirsi meno soli e per parlare con qualcuno.
Poi ci sono io.
Io sono un’introversa, un’ansiosa, colei che molte persone definirebbero “asociale”. Non ho mai avuto una grande vita sociale o tanti amici, anche se i pochi che ho un po’ mi mancano. Non uscivo spesso, perché anche il solo parlare con qualcuno mi mette ansia e mi sento più a mio agio da sola. Per me stare tanto tempo in casa non è una tragedia, perché dopotutto è quello che ho quasi sempre fatto. Se prima le persone mi guardavano come un alieno, ora hanno finalmente modo di sperimentare quello che ho sempre vissuto e, a causa di questa emergenza sanitaria, sono costretti a comportarsi come me. Chi non è abituato a questo modo di vivere non trova pace mentre è chiuso in questa “gabbia” e pensa di impazzire. Morale della storia: se prima del Coronavirus gli introversi erano considerati strani e scarti della società, adesso solo loro riusciranno a uscire dall’isolamento “sani di mente”.
Provo a riflettere sulla chiusura delle attività didattica, sull'attivazione della stessa con strumenti tecnologici a distanza. Ma soprattutto provo a riflettere, senza troppi tecnicismi, sugli effetti dei tanti decreti che hanno fatto dell'Italia un'intera Zona Rossa.
La riapertura delle scuole, delle attività commercialie professionaliviene continuamente rinviata. Conil decreto "tutti a casa" si prova a ridurre il contagio per raggiungere il picco senza far crollare il sistema sanitario, senza rischiare di pagare in futuro prezzi chesocialmente ed economicamentenon ci farebbero rialzare. Toni da emergenza mondiale dopo che l'OMS ha dichiarato epidemia il coronavirus.I grafici sui contagiati e sui morti cominciano ad assomigliarsi, man mano che i vari paesi vengono contagiati , l'Unione Europea continua a manifestare le sue contraddizione tra i suoi tanti organi e le sue tante anime.
Una premessa che è già un facile anticipo della necessità di prepararsi ad un totale cambiamento non solo sociale ma anche individuale. No, io non credo che quando tutto ciò sarà finito tutto potrà tornare come prima. Se sapremo ascoltare i nostri silenzi, se sapremo parlare alle nostre paure più profonde, se riusciremo ad immaginare che un nuovo mondo lo si potrà ancora ricostruire tutto potrà sembrarci ancora possibile.
Basterà cambiare i nostri atteggiamenti, modificare le reazioni, percepire le sensazioni, accettare e trasformare i nostri pensieri e tutto, persino il non giudicare, può diventare più facile, più accettabile e a nessuno sembrerà impossibile rispettare per essere rispettati,potrà esserci uncomunicare nuovo dove finalmente ci si mette anche nei panni degli altri. Si può stare bene senza vestirsi con i prodotti griffati degli outlet, si possono scoprire le nostre originalità senza seguire gliinfluencer, possiamo abituarci a fare gli aperitivi e mangiare a casa cucinando e preparando noi stessi le pietanze e le bevande che metteremo a tavola, si può non andare al cinema scaricando il film da vedere dai siti autorizzati, si può ascoltare musica e poi condividerne il piacere con gli amici in chat, si può aiutare i conoscenti e i vicini di casa con una chiamata e con un piccolo gesto virtuale, si può studiare anche seguendo le indicazioni della didattica a distanza.
Si possono fare tantealtre cose che prima non facevamo come leggere un libro che avevano messo da parte da anni, scaricarne uno nuovo che prima non avremmo mai letto,imparare a ballare seguendo un video, fare ginnastica nel nostro soggiorno,imparare a lavorare all'uncinetto o a cucire e a ricamare,ma soprattutto possiamo abituarci a progettare e a vivere ora dopo ora, giorno dopo giorno provandoa risolvere un problema alla volta, immaginare gli effetti sul presente e sul futuro senza lasciarsi andare al nostroabituale "si poteva, non è giusto, ma perché dovrei accettare, ma io non ci sto, non mi riesce, si poteva fare diversamente,ecc. ecc.". Da economista mi chiedo se dopo la dichiarazione di solidarietà nazionale, se dopo tutti questi decreti che impongono provvedimenti e comportamenti a cui non avevamo mai pensato sarà veramente possibile recuperare quelle risorse nascoste che potrebbero aiutarci a reagire in maniera veramente innovativa, iniziando un nuovo percorso, per inventarci un nuovo modo di stare insieme.
Sapremo veramente liberarci di quel tornaconto individuale che la mano invisibile teorizzata da AdamsSmith nel suo ormai centenario libro "La ricchezza delle nazioni" ci ha abituati a considerare come il cromosoma del mercato capitalistico e sapremo rinunciare a quel continuo e ormai monoto eco che ci sussurrava ‘il mercato si autoregola da solo’? Nelle tante e vecchie pagine dei tanti volumi del “Capitale” Marxdiceva che l'uomo è una specie animale evoluta e deve lottare per sopravvivere, in questa lotta per la sopravvivenza dovrà cercare di soddisfare i propri bisogni e quindi deve lavorare.Il modo con cui l'uomo cerca di soddisfare i bisogni lo condiziona per tutta la vita.
L'economia è quindi un condizionamento importante nella vita umana. Il termine economia già nell'antica Grecia significava infatti leggi della casa, era collegabile soprattutto all’economia domestica dove avveniva quasi tutta la produzione di beni e servizi di ogni genere. Sappiamo che i bisogni di ogni persona sono differenti a seconda del contesto in cui vive. Marx insiemead Engels chiamavano tutto ciò la struttura sociale ed economica dovereligione, politica, filosofia, sport, moda, arte, tecnologia e tant'altro nei secoli ci siamo inventati rappresentano una sovrastruttura che condiziona la struttura stessa, cioè l’ intera società dove le sinergie sono diventate i fili invisibili di legami spesso subiti anche se negati . So che ogni cambiamento, anche per esperienza personale, azzera inostri vecchi comportamenti, bisogna trasformarele vecchie categorie, ci viene chiesta una diversa comprensione, esige nuovi strumenti e vanifica ciò che sino a ieri ci sembrava necessario,ciò che oggi ci serve ancora e che domani non ci servirà più. Come l'araba fenice risorge dalle sue stesse ceneri e metaforicamente torna a volare bisognerà cercare e trovare nuovi strumenti e nuove soluzioni in ogni settore e non sarà più l’economia che darà risposte alle nostre domande ma siamo noi che dovremo tornare ad interrogarci, che dovremo da soli e con gli altri cercare nuove domande e nuove risposte.
Ma sarà così anche stavolta? Come donna,che non ha mai avuto una totale fiducia nel mercato liberista e globale, mi chiedo: ma quale prezzo dovremo pagare perché tutto questo possa veramente accadere?
Provo a dormire, ma non ci riesco. Ripenso ai numeri dati oggi dalla Protezione Civile sul Coronavirus. Per la prima volta sono diminuiti. Poi mi ritorna in mente quel tipo che ha mandato un video dal Giappone e parla di un nuovo farmaco che funziona. In serata alcuni esperti hanno detto che non è la soluzione. Ma i giapponesi per strada li ho visti. Anche i pesci sono tornati nei canali di Venezia. Sono segnali, segnali di vita. Voglio crederci. Voglio sperare che c’è la luce in fondo al tunnel. Probabilmente ci saranno altri peggioramenti. Ma non importa. Presto quei giapponesi che tornano alla vita normale saremo noi, ne sono convinto. Mi giro nel letto e provo di nuovo a dormire. Ma faccio ancora fatica. Penso al giorno dopo la fine del virus. Quando ci diranno “ok, potete uscire”. Per prima cosa voglio andare in un bar. E fare una colazione come non l’ho mai fatta. Poi mi vedo camminare per strada guardando tutto con occhi nuovi. Ecco. Forse la prigione in cui ci ha chiuso il virus da settimane può rappresentare questo. L’occasione di una rinascita, la possibilità di scoprire cose che avevamo smarrito. Un senso nuovo della libertà, il desiderio di stare con gli altri. Ma anche il piacere di stare da soli, per scelta non per costrizione. C’è da trovare una nuova misura del nostro vivere. Una sfida, umana e sociale. Questo pensiero mi consola. Mi rigiro ancora nel letto. Ma stavolta riesco a prendere sonno.