Eravamo lì, stesi su quel prato di notte, sotto le stelle, fino al giorno della tua partenza.
Quella volta mi dissi che, se mai avessi sentito il bisogno di parlarti, avrei potuto rivolgermi alle stelle, perché tu, anche se dall’altra parte del mondo, mi avresti sentito e avresti fatto lo stesso. Questo gioco è durato per mesi, anni, in cui ogni volta che ti volevo vicino mi affacciavo alla finestra e ti parlavo. Un giorno, però, è stato diverso: le stelle hanno piano piano iniziato a diminuire, fino a diventare quattro, poi due e poi nessuna. Era tutto svanito nel nulla, così come la mia possibilità di parlare con te e, quindi, di non cadere nel buio. Non ne capivo il motivo, proprio non ci riuscivo, ed ogni notte era la stessa storia: io che mi affacciavo alla finestra e rimanevo delusa perché, anche quella volta, tu non c’eri. Tentai di capire, di cercare una spiegazione per tutto questo. Ci misi del tempo per accettarlo, fino a quando provai a smettere di cercarti ogni sera e ad andare avanti da sola. Riuscii a distaccarmi da quel mondo e, in qualche modo, percepivo che anche tu avevi fatto lo stesso. Adesso eravamo due stelle, sole, perse nel buio, in cerca della strada da seguire: una strada che però dovevano trovare da sole, soltanto con la luce da loro stesse emanata, io da una parte e tu dall’altra, come doveva essere. Dovevamo imparare a cavarcela da soli, perché per troppo tempo l’uno aveva seguito l’altra e viceversa, senza arrivare mai ad una conclusione o ad un risultato reale, perché sempre legati all’altra stella, limitandoci e ferendoci a vicenda.
Imparai a cavarmela da sola, con le mie stesse forze, e a vivere della mia autonomia. Avevo capito che io ero l’unica persona che mi sarebbe sempre rimasta e sulla quale avrei potuto contare, che le mie scelte mi avrebbero inevitabilmente portata da qualche parte e con delle conseguenze, alle quali io avrei dovuto far fronte. Andavo avanti, come se niente fosse mai accaduto o come se io non avessi mai perso la mia stella, perché era proprio grazie a lei se ero cambiata. Quel giorno il cielo era vuoto, ma me la sono cavata comunque: forse è proprio questo quello che le stelle mi volevano insegnare.
(Giada Amoruso, 3D)